MITTELEUROPA
ENSAMBLE
Anche se non se ne sa nulla, basta
leggere le note di Gianni Morelenbaum Gualberto nel libretto allegato
al cd per capire quale complesso intreccio storico, culturale e
religioso si va ad indagare quando si parla di Mitteleuropa e Balcani.
E, naturalmente, di quali variegate influenze musicali reciproche
le terre di confine tra Europa e Asia siano state sede. Originario
di Trieste, e quindi frontaliero doc, Mario Fragiacomo si è
da anni dedicato ad indagare in profondità tali realtà,
creando un ensemble dall'intestazione programmatica, che le mette
proficuamente a fermentare con l'estrazione prevalentemente jazzistica
dei suoi componenti. In Balkan Project, che sembra avere le carte
in regola per essere una delle opere più ricche e valide
della formazione, brani di tradizione ashkenazita, macedone, klezmer
e serba convivono con le composizioni originali dello stesso Fragiacomo,
del sassofonista Furio Romano, del pianista Roberto Favilla jr e
del contrabbassista Roberto Della Grotta. L'organico è completato
dalla vocalist Sabrina Sparti e dalla batteria di Claudio Saveriano,
mentre il Rhapsodija Trio (Maurizio Dehò violino, Giampietro
Marazza accordion, Luigi Maione chitarra) si aggiunge in due brani.
Molta è la carne al fuoco, ma tutta succosa e saporita, speziata
con maestrìa e proposta con appassionata sincerità.
Maurizio Favot
Suono - Gennaio 2003
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Viene
davvero in mente il Claudio Magris delle pagine di Microcosmi ad
ascoltare il viaggio sonoro (meglio: l'insieme di viaggi) che caratterizzano
questa nuova, avvincente prova del flicornista e compositore Mario
Fragiacomo e del suo Mitteleuropa Ensemble, questa volta rinforzato
anche dal Rhapsodija Trio con chitarra, fisarmonica e violino. Se
i Balcani sono davvero un labirinto di specchi che rimandano frammenti
di civiltà in dialogo e in feroce opposizione, allora trova
maggior senso uno spaccato vertiginoso come quello proposto in questo
"progetto": che incorpora melodie Rom, danze chassidiche,
echi di hora e di melodie turche. Il tutto filtrato, metabolizzato,
restituito in una sintesi folgorante che usa la grammatica delle
note popolari, ma una decisiva sintassi jazzistica "aperta"
per crearne la cornice, ben oltre ogni sterile calco mimetico.
Guido
Festinese
World Music Magazine n. 57 - Novembre-Dicembre 2002
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Questo
nuovo lavoro dell'ensemble, ampliato per l'occasione da sestetto
a nonetto grazie alla presenza del Rhapsodija Trio (Dehò,
Marazza e Maione), insiste sulle situazioni familiari dei precedenti:
un solido palinsesto strutturale sottintende la consueta miscellanea
di idiomi disparati (e lucidamente equilibrati sul piano dell'architettura
globale), di spiccata inflessione folklorica. Un minimo di maniera
- come già in passato - aleggia qua e là ma il prodotto
finale ribadisce la felice mano del triestino Fragiacomo nel dosare
le forze (anche umane) in campo.
Fra i momenti in grado di dotare l'insieme di singoli (e comunque
più spiccati) spunti dialettici, vanno citati quanto meno
Beograd - in particolare per il libero segmento introduttivo, cui
fa seguito uno sviluppo più quadrato, massicciamente jazzistico
- e Bivacco tartaro, il cui incedere vagamente dinoccolato crea
un ulteriore elemento di rottura rispetto al clima globale dell'opera.
Certe rigidezze, certi passaggi un po' troppo didascalici e un minimo
di prevedibilità (a dispetto del carattere transidiomatico)
non inficiano il valore di un prodotto fortemente pensato e voluto,
da prendere senza alcun dubbio a esempio.
Alberto
Bazzurro
Musica Jazz - Dicembre 2002
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Un
certo intento manieristico è insito nel nome del gruppo,
che ne traccia il manifesto programmatico e ne determina in qualche
modo gli orizzonti espressivi. Questo MittelEuropa Ensemble, già
attivo dal 1988 in un'area del jazz con forti commistioni con musica
klezmer e quella popolare, non cela la direzione del proprio sguardo
nella ricerca di ispirazione. Questa si situa in un'area geografica
dai contorni sfumati come quella che sta a Nord e a Est di Trieste,
città natale di Mario Fragiacomo, tromba, flicorno e leader
del gruppo. Balkan Project gode di tutti i pregi e i difetti di
un lavoro troppo devoto alla trasfigurazione stilistica: pur volendo
trasmettere nel jazz certe prassi tipiche della tradizione balcanica
(ma ci sono anche le riprese di alcune melodie tradizionali serbe,
macedoni e klezmer), il DNA dell'ensemble rimane fin troppo legato
ad un forbito bebop, per potersi realmente calare nei panni sporchi
della rude (anche se complessa) musica balcanica. La voce di Sabrina
Sparti, più languida che acre (ma sono notevoli le sue potenzialità),
e le corde del Rhapsodija Trio sono ingredienti funzionali alla
ricetta del progetto, che cercano in modo troppo evidente la via
della caratterizzazione. Tra i momenti migliori quegli episodi originali
come Zhok Experimental Hora, di Fragiacomo, o Il taumaturgo, dell'alto
sassofonista Furio Romano, soprattutto nei momenti in cui si sfugge
sia l'orizzonte bop, che quello balcanico, per proporre con più
libertà musica svincolata dal modello.
Michele
Coralli
Altremusiche - Novembre 2002
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Il
Mitteleuropa Ensemble del trombettista e flicornista Mario Fragiacomo
e co. ci offre in questo cd scenari sonori ricchi di senso rappresentativo,
con slancio on the border e un sound umbratile e dinamico. Il feeling
della formazione è solido e creativo nel contempo, è
ricco di creatività e di immagini sonore, sia con brani originali,
che con brani attinti ad una ricca e varia tradizione esteuropea
e si sviluppa con vividi impasti da cui emerge lo spigoloso e movimentato
sciorinare inventivo di Favilla al piano e l'arroccarsi denso e
on the edge di Romano al sax alto. Non di meno la voce di Sabrina
Sparti si effonde e spazia ora intensa, ora eterea e un significativo
substrato ritmico e assicurato dal drumming propositivo di Saveriano
e dal solido sostegno, dal bel sustain, di Della Grotta al contrabbasso.
Giordano
Selini
Italian Sound Company - Ottobre 2002
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JAZZ
CORNER
IL BALKAN PROJECT DI MARIO FRAGIACOMO
Da
sempre il Friuli-Venezia Giulia è stato terra di emigrazione,
ultima
provincia italiana schiacciata sulla cortina di ferro. Trieste in
particolare ha patito la mancanza di entroterra e il fatto di stare
in faccia a una frontiera in realtà chiusa. Naturale che
anche i musicisti
abbiano preso la via di altre città e così è
stato anche per il trombettista Mario Fragiacomo, partito vent'anni
fa per una Milano ancora vivace laboratorio politico-culturale.
L'interesse per la musica balcanica e l'incontro con la TheaterOrchestra
di Moni Ovadia lo hanno portato alla costituzione del Mitteleuropa
Ensemble, sestetto che ha pubblicato "Balkan Project "
(M.A.P.).Fragiacomo aveva già, con alcuni musicisti del l'attuale
gruppo indagato il patrimonio musicale variegato del la sua città
e in questo lavoro più marcata è l'attenzione per
le musiche klezmer e dell'est.
Che questo disco non sia etno-jazz di maniera lo si sente dal calore
e dalla convinzione con cui la musica è suonata. L'ensemble
si avvale della collaborazione di uno dei migliori gruppi folk,
il Rapsodija Trio e sfoggia individualità davvero interessanti
a partire dal leader e dal sax di Furio Romano e il piano di Roberto
Favilla jr. in veste anche di compositori. La voce di Sabrina Sparti
e la ritmica di Roberto Della Grotta e Claudio Saveriano danno colori
e dinamismo ai brani che sono tratti dalla tradizione ebraica, macedone
e serba o più esplicitamente jazzistici.
Flavio
Massarutto
Il Gazzettino Veneto - Pordenone, Mercoledì, 16 Ottobre 2002
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This
Milan, Italy based ensemble have been around since 1988. Here, they
fuse Balkan stylizations with Klezmer and slight traces of baroque.
Yet, the musicians’ hearts and motivations lie within modern
jazz frameworks. On this fine release, the sextet receives strong
support from the guest musicians who comprise the “Rhapsodija
Trio.” As they render an artful program consisting of hip
arrangements, sprawling rhythms, avant musings and more.
Vocalist Sabrina Sparti’s wordless vocalise adds quite a bit
of luster to this project on pieces such as “Ashkenazim Time”
- where the band pursues stately choruses and military march progressions.
They can swing hard or segue into a Slavic wedding ceremony. The
group also propagates a West Coast (United States) kind of vibe
amid breezy horns and Ms. Sparti’s airy scat singing on “Beograd.”
It’s all about style, character and finesse. More importantly,
the ensemble proclaims a wealth of sprightly themes throughout this
generally melodious set. All concerned parties turn in thoughtful
and at times, invigorating solo spots. However, the musicians’
teamwork and irrefutable sense of focus and determination provides
the Midas touch! Recommended.
Glenn
Astarita
ALLABOUTJAZZ (U.S.A.) - Giugno 2002
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Se
la politica(nza) è riuscita in pochi mesi a ricreare la contrapposizione
storica tra civiltà - tesi e antitesi - l'arte si pone ancora
una volta come medium a favore della sintesi culturale e sociale
prendendo, quale esempio, un'area europea "multietnica"
per definizione, molto prima che il termine guadagnasse la più
ampia popolarità. I Balcani, come crocevia di genti, merci,
idee, religioni, sono una realtà secolare e Mario Fragiacomo,
flicornista triestino e leader del gruppo, da molti anni ha scelto,
come punto di riferimento artistico e culturale, la cosiddetta Latitudine
Est, per citare un suo album del '93. Non deve stupire che il Balkan
Project arrivi solo ora che Bregovic e Kusturica sembrano avere
esaurito il filone, Fragiacomo è battitore libero, fuori
dalla mischia, come aveva già dimostrato in piena klezmer-mania.
Le novità di questo CD: Claudio Saveriano e poi Furio Romano
ai sax assicura gli stretti rapporti con il jazz; la cantante Sabrina
Sparti, oltre a una tecnica strepitosa, si rivela versatilissima;
i veterani Favilla e Della Grotta (piano e contrabbasso) contribuiscono
proficuamente sul piano compositivo. Disco del mese.
Giulio
Cancelliere
Alta Fedeltà - Febbraio 2002
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L'ultimo cd del "musicista di frontiera" triestino trapiantato
nel capoluogo lombardo
Fragiacomo, jazz e suggestioni balcaniche
Jazz
e suggestioni balcaniche, improvvisazione e tradizione, idee innovative
e cultura mitteleuropea: un mix di tendenze diverse si agita e si
amalgama nella musica "totale" di Mario Fragiacomo, triestino
trapiantato a Milano dagli anni '70 che conserva profondi legami
con le sue radici.
Fu definito musicista di frontiera e lui continua a sentirsi tale,
oggi forse ancor di più, con l'ultimo suo Cd "Balkan
Project" che non è solo un disco ma un evento, una serie
di itinerari dello spirito che ricordano l'atmosfera di "Microcosmi".
E senza dubbio Magris, Tomizza, Cergoly agiscono nel caleidoscopio
della sua fantasia fin dai primi album "Trieste, ieri un secolo
fa", "Mitteleuropa" e "Latitudine Est".
La sua tromba ha saputo creare incredibili contrappunti intorno
ai versi estrosi di Carolus Cergoly (Colori del tempo), ha esplorato
le inquietudini di Franziska, ha vagato a fianco di Markus Stockhausen
lungo le sponde del Danubio alla ricerca di orizzonti ancora più
ampi.
Ma Mario non ha mai dimenticato la sua giovinezza passata a Trieste,
gli studi al conservatorio Tartini, l'incontro col jazz di Silvio
Donati, le esperienze nel "Trieste Jazz Ensemble" che
radunava numerosi musicisti locali.
A Milano fondò il "Jazz Quatter Quartet" di matrice
free, in attività per un decennio, e negli anni '90 collaborò
come tromba solista nella "TheaterOrchestra" di Moni Ovadia
con tournée in tutta Europa e negli Stati Uniti. E la musica
klezmer ha impresso una nuova magia ritmica ed espressiva alle sue
creazioni.
Il 1988 segna la nascita del gruppo "Mitteleuropa Ensemble"
che opera tuttora nell'area milanese ma è conosciuto in Europa
fra i migliori esecutori di un jazz raffinato nel lavoro di scrittura
e arrangiamento.
Nell'ultimo "Balkan Project" il cast comprende strumentisti
di indubbio talento come Roberto Favilla, Furio Romano, Roberto
Della Grotta, Claudio Saveriano che fondono insieme cadenze e colori
balcanici, turchi ebraici, rielaborano in chiave espressionistica
temi popolari, sanno evocare suggestioni orientali, mentre Fragiacomo
avvolge in sonorità luminescenti le fantasiose acrobazie
vocali della cantante Sabrina Sparti.
Liliana
Bamboschek
Il Piccolo di Trieste - 23 gennaio 2002
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Nuovo Cd del Mitteleuropa Ensemble
IL BALKAN PROJECT DI MARIO FRAGIACOMO
E'
apparso in questi giorni il nuovo CD inciso dal Mitteleuropa Ensemble
di Mario Fragiacomo, intitolato "Balkan Project" e prodotto
da Massimo Monti (Milano).
Fragiacomo, musicista triestino trapiantato a Milano e che reincontro
volentieri dopo tanti anni, mi illustra in maniera fin troppo schiva
l'ultimo prodotto del suo Ensemble, composto oltre che dallo stesso
Fragiacomo al fluegelhorn, da Roberto Favilla Jr. al piano, da Roberto
Della Grotta al double bass, da Furio Romano al sax alto, da Claudio
Saveriano alle percussioni e dalla vocalist Sabrina Sparti. Si tratta
invece di un prodotto che merita grande attenzione per tutta una
serie di motivi interessanti per ragioni diverse e che proietta
immediatamente l'ascoltatore in quello che gli autori hanno voluto
denominare "Balkan Project".
Il libretto accluso al CD, a cura di Gianni Morelenbaum Gualberto,
inizia con una citazione di Metternich, che nel 1820, ironizzando
sulla via imperiale che da Vienna conduceva in Ungheria, affermava:
"L'Asia inizia in Landstrasse", seguita dall'espressione
di un cronista occidentale secondo il quale Zagabria sembrerebbe
più europea che balcanica. Due giudizi che devono indurre
a riflettere sul significato intrinseco della parole "balcanico",
"europeo" ed "asiatico", specie se inserite
in un contesto particolare quale, ad esempio, un progetto musicale.
Fragiacomo ed i suoi colleghi, ai quali in alcuni brani si aggiungono
la fisarmonica di Marazza, la chitarra di Maione ed il violino di
Dehò, ci danno l'impressione di aver riflettuto su quei significati.
Essi hanno provato a metterli sul pentagramma e nelle loro improvvisazioni,
cercando di evocare atmosfere, ritmi, luci, ombre, colori e profumi
di un contesto geografico circoscritto (ma quanto?), dove i microclimi
di paesi diversi trovano la loro ragione d'essere proprio in quelle
convergenze misteriose e nelle convivenze e contraddizioni sociali,
politiche, religiose.
Il CD, quasi un viaggio individuale di più persone negli
stessi luoghi, è frutto non solo della collaborazione strumentale
dei musicisti, ma anche, e soprattutto, della loro ispirazione e
della loro visione di una realtà attraverso le proprie esperienze.
Riguardo le musiche, alcune sono tratte dalla tradizione ashkenazita,
macedone, serba, klezmer e quindi arrangiate dagli esecutori medesimi,
mentre altre sono state composte dagli stessi musicisti: Fragiacomo,
Favilla, Della Grotta, Romano. Nei brani, all'esposizione tradizionale
dei temi, spesso pregevoli, segue l'improvvisazione, in parte d'impronta
jazzistica, in parte ispirata alle tecniche della musica d'avanguardia.
Tutti gli esecutori dimostrano un'ottima preparazione frutto evidente
della loro frequentazione d'ambienti dove si "fa" (nel
senso di costruire) musica. Particolarmente interessanti e degni
d'attenzione, senza per questo nulla togliere agli altri bravi esecutori,
appaiono la tecnica, l'estensione, il colore e l'espressione della
voce di Sabrina Sparti. Tra i titoli compresi nel CD segnaliamo:
Dionisius, Balaton Tango, Camilla, Zhok Experimental Hora, Ale Brider
(klezmer), Halicha L'Kesaria (musica di David Zhavi) e Il Taumaturgo.
Giorgio
Blasco
TRIESTE Arte & Cultura - Gennaio 2002
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Balkan Project non è solo un disco e un concerto. E' un evento
emozionante che il Mitteleuropa Ensemble di Fragiacomo ha regalato
agli Amici del jazz il 6 novembre appena trascorso.
Se
qualcuno nutrisse ancora qualche perplessità sul jazz scavato
dall'humus dei ritmi balcanici - primo profeta Guido Manusardi con
le sue esplorazioni romene - ha perso una colossale occasione di
ricredersi ascoltando, nel bellissimo e gremitissimo Spazio Sirin
di Via Vela, a Milano, il Mitteleuropa Ensemble. Non crediamo di
essere in errore qualificando la serata come definitivo evento,
anche per quelli che di fronte a una marea montante di suoni, di
accenti, e di intonazioni inconsuete, fossero rimasti scioccati,
e tuttavia conquistati, magari obtorto collo, nell'atmosfera di
tripudio popolaresco in cui si concluse il programma. Per carità,
siamo ben lontani da Goran Bregovic e dalla sua banda piena di umori,
e, quasi, di odori e di sapori, ormai nota e ricercata ovunque.
Una banda che non può non piacere e non divertire ma... con
il Mitteleuropa Ensemble siamo in un mondo musicale raffinato proprio
perché sulla trama della tradizione ha ricamato l'esperienza
del jazz. Il jazz, purchè, restando in Europa senza avventurarsi
in confronti improbabili, sia in grado di costruire, su un materiale
ancora più inedito di quello mediterraneo, un affascinante
new look. Il puntiglioso e appasionato lavoro di scrittura, arrangiamento,
e, diciamolo pure, regia di Mario Fragiacomo e di Roberto Favilla
jr. soprattutto, ma poi anche di Furio Romano e Roberto Della Grotta,
ha condotto al risultato di una musica piena di vita, una musica
che conserva, con le vitamine del jazz, tanto il piglio combattivo
dei salmi (e non per caso, una volta si diceva nella Messa: Domine
Deus sabaoth, cioè signore Dio degli eserciti, altro che
Dio dell'Universo!) quanto la virile malinconia dell'esilio covato
nella fede della riscossa. Con l'aggiunta, per i Balcani, dell'uragano
turco-ottomano, sui cui misfatti qualcuno dovrebbe chiedere perdono
anche dall'altra parte, ma sul cui apporto culturale oggi finalmente
si dovrebbe riflettere. La dotta presentazione del CD "Balkan
Project", diffuso per la prima volta la sera stessa del concerto,
è un'autentica pagina di storia e non solo per il lato musicale.
Gianni Morelenbaum Gualberto che l'ha scritta, citando anche gli
illuminanti understatement di Claudio Magris, che, come Fragiacomo,
è cittadino di frontiera, cioè triestino, ha toccato,
con la stessa precisa minuzia che il Mitteleuropa pone alla musica,
tutti questi punti. Questa lezione di storia arricchisce il disco
e va letta.
Alle corte, veniamo al disco e al concerto. Il disco è già
attraente, da incuriosire, nella copertina, tipo Dylan Dog o quasi
Rocky Horror, che non può non colpire con i suoi tagli picassiani
ringiovaniti dai colori di attualità. L'ha disegnata la cantante
Sabrina Sparti, ed è anche simbolicamente significativa:
più occhi per osservare, più bocche per esprimersi,
in un volto solo multicolore. E una bocca più grande e carnale,
che può essere la femminilità dei suoni emessi dall'Autrice
stessa. Suoni generalmente densi, lucidi, che sconfinano in escursioni
da lasciare senza fiato chi ascolta, ma non lei, dove non esistone
più righe né segni al di sopra del pentagramma. La
cosa più stupefacente è che ascoltando la Sparti vengono
in mente le parole con cui Enrico Rava commentava, nel CD "Mattia's
Walk", l'esibizione di Andrea Tofanelli a Barga Jazz. Un trombettista
che (cito Rava) dà il meglio di sé dal do acuto in
poi con un'altra ottava e mezza a disposizione. E Rava continua
con frasi che si attagliano perfettamente alla Sparti, ottava a
parte: note reali, piene, chiare e precise come sciabolate, con
un fraseggio articolato e coerente, con assoluta padronanza delle
dinamiche, con un grande cuore e una notevolissima espressività.
Scusami Enrico per il furto, ma non avrei saputo dire, della Sparti,
nulla di meglio. Con una tromba in casa di tal fattura - poiché
la Sparti è in realtà il sesto strumento del gruppo
- Fragiacomo non poteva che servirsi del flicorno, mantenendosi
abilmente su toni bassi, rotondi, profondi, quasi un trombone di
lusso. Di lui non diremo altro se non l'esemplare riserbo a conferma
di un suo concetto fondamentale, e cioè che il gruppo, allo
stato attuale delle cose di musica, e di jazz specialmente, deve
assumere la veste di un unico strumento, fatto di varie voci.
Tra disco e concerto, la differenza c'è, a cominciare dalla
formazione. Assente, nel concerto, il bassista Roberto Della Grotta,
sostituito degnamente da Stefano Profeta. E assente il Trio Raphsodija,
zingaresco come quelli che ancora nel Novecento suonavano tra le
vigne d'Ungheria a propiziare gli dei della vendemmia. Composto
da Maurizio Dehò (violino) Gianpietro Marazza (fisarmonica)
e Luigi Maione (chitarra). Un trio che si scatena nel sincopatissimo
Bivacco Tartaro, un tradizionale serbo, ma poi ricompare con accenti
di malinconica bellezza (violino) introducento Halicha L'Kesaria,
un'aria di sapore antico che la Sparti canta tutta in Yiddish (autore
David Zahavi, sontuoso arrangiamento di Roberto Favilla), questa
volta da contralto (!), un'Ebe Stignani, che so, una Fedora Barbieri.
Nel disco, le sonorità dense di colore, spesso sfumate, di
Della Grotta, sconfinano felicemente nella melodia con l'uso quasi
costante, negli a solo, dell'arco; altrove introduce, oppure accompagna
la Sparti vagante nelle sue libere improvvisazioni. Con il batterista
Claudio Saveriano, Della Grotta fa una sezione ritmica compatta,
uscente in pieno vigore nei ritmi cadenzati, quasi militari, tipici
di questa musica così espansiva ma fieramente convinta di
sé anche negli accenti pianistici di Roberto Favilla jr.
che passa, quando è solo, dalla romanza chopiniana alla rapsodia
tersicorea che opportunamente sintetizza. Mancando Della Grotta
qualche cosa si è perduto nel concerto, in colori e fantasia,
nulla invece in supporto ritmico grazie al suo sostituto. Ovviamente
non c'era il tempo per eseguire tutti i pezzi del disco. Infatti
Fragiacomo, dopo il turbinoso Ashkenazim Time d'esordio, quasi un
compendio di tutti gli stili balcanici, turchi, bulgari romeni,
serbi ed ebraici, ha preferito inserire Youkali di Kurt Weill. Era
anche fuori disco la vivacissima e burlesca tiritera recitante della
Sparti in Dem Ganefs Yiches, ossia l'albero genealogico del ladro
- facilmente immaginabile - con uno sviluppo festosissimo nel canto
e nei collettivi, così come nel felice Wen Der Rebbe, un
tradizionale Klezmer che ha concluso il concerto, mandando via tutti
sollevati e contenti dopo una giornata presumibilmente pesante (sembra
un componimento da scuola elementare 1930, però questo scrivere
d'antan è un bel conforto nostro personale).
Una nota a parte, per quanto si è ascoltato sia nel disco
sia nel concerto, meritano Furio Romano e alcuni gioiellini musicali
in particolare, il cui merito è attribuibile a tutti. La
gamma di suoni emessi dal sax alto di Romano è molto vasta,
da certe morbidezze a canto disteso che sono quasi da tenore, al
fraseggio serrato, trilli prolungati compresi, note smozzicate,
raramente fischianti e raschianti, quando vuole incalzare se stesso
nel ritmo per poi lanciare il successivo solista. Ma soprattuto
c'è l'animus, cioè la comprensione e l'adesione a
quello che il complesso intende esprimere con la sua vitalità.
Beograd è un pezzo molto bello, di Romano e Favilla jr.m
che inizia con dissonanze come per annunciare il chiacchierio naturalistico
della Sparti, che riprende le voci del bosco, modulazioni di merli,
cince e altri animali portatori di incanti impagabili, vicini alla
coloritura; e nel Taumaturgo, pure di Furio Romano, anche il cucù.
Beograd è un blues, in cui su una splendida ritmica fraseggia
imperioso il piano di Favilla; e lo stesso clima ritroviamo nel
successivo Balaton Tango, che è del pianista stesso, a rammentare
il mesto aspetto romantico del grande lago ungherese: qui c'è
anche aria da vecchio Impero, con i turbamenti del giovane Toeress
(Musil). Hok Experimental Hora, di Fragiacomo, inizia con una dolcissima
sequenza cadenzata di batteria e basso (arco) in cui l'Autore accompagna
calmo e commosso le invenzioni incredibili - cabrate e picchiate
folli con suoni di cristallo - della cantante. La Sparti smorza
infine l'acrobazia con accenti che sembrano venire da misteriose
grotte caucasiche, quasi uno spiritual slavo, e chiude con quattro
note picchiettate pressochè sottovoce. Il miracolo si ripete
nel tema di estrema bellezza Halicha l'Kesaria (David Zahavi, arrangiato
da Favilla), già citato all'inizio della recensione. La dizione
è fervida, appassionata, e così pure gli accenti di
Della Grotta con l'arco, quasi un lied di Musorgskij; il piano fluisce
con note meditate ma forti. Tra parentesi, lo Steinway & Sons
suonato nell'occasione contribuisce, eccome.
Ho scritto praticamente nello spazio di un elzeviro, però
si trattava di un concerto e di un disco, e comunque questo disco
e questo concerto, a mio avviso, sono assai di più: sono
un evento.
Luigi
Guicciardi
Ritmo - dicembre 2001
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Il
difficile mondo balcanico, con le sue variegate tradizioni, i suoi
suoni, i suoi colori, le sue danze, viene rappresentato con grande
spirito d'osservazione dal gruppo MittelEuropa Ensemble in questo
loro ultimo lavoro discografico.
Si tratta di un viaggio in quelle che vengono definite "le
terre di mezzo (Zwischenländer)" un insieme di paesi (Ungheria,
Bulgaria, Ex-Jugoslavia..) che trovandosi, per ragioni storiche,
al confine tra il mondo Occidentale e quello Orientale ne hanno
assorbito i contenuti artistici sintetizzandoli in quello che potremmo
definire un ibrido artistico di grande efficacia comunicativa. Gli
echi di queste terre si fanno oggi sentire al largo pubblico (si
pensi a lavori come quelli di Goran Bregovic), ed anche il jazz
(forse l'esperienza artistica del XX secolo che meglio si presta
ad essere "contaminata" da tutte le manifestazioni, popolari
e colte, della musica) ne vuole catturare l'energia vitale, lo spirito
genuino, il grande retroscena civile.
Ed il disco è ben architettato, riuscendo, soprattutto, a
raggiungere quello che è il suo obiettivo principale: raccontare
la storia e la cultura di una terra in cui vivono diverse etnie,
terra di contrasti e di grande generosità. Ogni brano rievoca
immagini suggestive, a volte liriche come la Zhok Experimental Hora
in cui la voce di Sabrina Sparti e il flicorno di Mario Fragiacomo
ricreano atmosfere auliche e commoventi, o Halicha L'Kesaria, a
volte più baldanzose come Ale Brider un brano tipico della
tradizione Klezmer, con il suo messaggio di solidarietà di
chiara impronta socialista, oppure Dionisius con un ispirato Deho'
al violino.
Ed ancora riecheggiano frammenti di musica militare, sapientemente
miscelate con il blues (che nella sua espressione più melanconica
richiama talune melodie ebraiche: si ascolti con attenzione Ashkenazim
Time per rendersene conto oppure la stessa Halicha L'Kesaria con
l'ottimo innesto del pianoforte di Roberto Favilla) ed alcune forme
di free-jazz decisamente più afro-americano (Beograd nel
quale emerge l'ottimo fraseggio della Sparti e le sue qualità
di cantante scat), il tango di Balaton Tango, volutamente asimmetrico
ed ironico.
Quello che è un background di suoni e musica riflette la
civiltà e i mores di un popolo, e le diverse forme musicali
rispecchiano le diverse etnie (per colore, razza e religione), le
differenti influenze (una terra di mezzo influenzata dall'est e
dall'ovest come si diceva prima), la storia belligerante (ed ancora
oggi i conflitti sembrano non essersi placati): splendidamente un
gruppo come il Mitteleuropa Ensemble ci porta all'interno di questo
fenomeno, fatto di influenze che si rincorrono per tutta l'Europa
ma che solo qui si cementificano nella memoria di un popolo.
E' da notare anche le doti tecniche di tutti gli altri componenti
gruppo, in particolare di Furio Romano al sax contralto capace di
inserirsi con un suono bluesly in maniera efficace ed espressiva,
e Roberto Favilla jr. al piano, capce di accompagnamento sobrio
(Zhock Experimetal Hora) come di un fraseggio più complesso
(Ashkenazim Time). Ed anche il Rhapsodija Trio, una voce si muove
a suo agio in questi "contesti balcanici", ha saputo dare
una nota di vigore in più al disco.
Paolo
Treffiletti
Ciaojazz.com - Novembre 2001
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Il
Balkan Project era nato alcuni anni fa sulle basi di una collaborazione
fra il poeta di Sarajevo e coreografo del regista Emir Kusturica
Abdullah Sidran e il Mitteleuropa Ensemble, la formazione del trombettista
e compositore triestino Mario Fragiacomo.
L'obiettivo era quello di creare un'interazione fra le liriche del
poeta con musiche tradizionali del centro e dell'est Europa riarrangiate
in chiave jazz, ma l'idea si era rivelata troppo ardita per trovare
un editore interessato; il Mitteleuropa Ensemble ha così
deciso di restringere il campo al discorso musicale, continuando
nelle proprie sperimentazioni che finalmente vedono la luce in un
disco insolito nel panorama delle produzioni italiane.
Antiche
melodie ashkenazite, macedoni, serbe, klezmer prendono una nuova
vita per mezzo di arrangiamenti rispettosi del passato e al tempo
stesso pregni di nobile vitalità inferta da una componente
improvvisativa ben calibrata. È il caso di "Ashkenazim
Time", brano già rivisto dal musicista e saggista Ben
Sidran o di "Ale Brider", che trova origine nelle lotte
socialiste ebraiche dei primi del Novecento.
Le meticolose note di copertina di Gianni M. Gualberto vi permetteranno
di scrutare nel profondo tutti i brani rivisitati così come
le nuove composizioni, tra le quali spicca l'incantevole "Balaton
tango" del pianista e compositore Roberto Favilla jr..
Balkan
Project è un CD da ascoltare ripetutamente per apprezzare
volta per volta i soli del sassofono contralto di Furio Romano,
le preziosità delle linee di contrabbasso di Roberto Della
Grotta, il drumming melodico di Claudio Saveriano, i virtuosismi
della cantante Sabrina Sparti. Il bandleader Fragiacomo ha vissuto
in prima persona il contatto multietnico nella città di confine
da cui proviene. Con grande sensibilità lo scompone e lo
ricompone in musica, aggiungendo nuovi elementi che attualizzano
un repertorio degno di essere riscoperto con più attenzione.
Francesco
Cisternino
Allaboutjazz.com - Novembre 2001
Un breve accenno ... del nuovo CD
... "buon ascolto"
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01. ASHKENAZIM TIME arr. M. Fragiacomo 10.26 |
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02. DIONISIUS arr. M. Fragiacomo 4.47 |
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03. BEOGRAD F. Romano / R. Favilla Jr. 7.07 |
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04. BALATON TANGO R. Favilla Jr 5.26 |
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05.
CAMILLA R. Della Grotta 7.53 |
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06. ZHOK EXPERIMENTAL HORA M. Fragiacomo 5.04 |
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07. ALE BRIDER arr. M. Fragiacomo / R. Favilla Jr. 3.13 |
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08.
BIVACCO TARTARO arr. Rhapsodija Trio 3.45 |
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09.
HALICHA L'KESARARIA D. Zahavi - arr. R. Favilla Jr 4.53 |
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10.
IL TAUMATURGO di F. Romano 10.10 |
Etichetta Mitteleuropa
Catalogo N° MIT
CD 2008
Anno 2009 |
Produttore
esecutivo Massimo Monti
Musicisti Associati Produzioni M.A.P.
Distribuzione
M.A.P.
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